Da lunedì 4 maggio possono ripartire alcune attività produttive. L’apertura sarà consentita solo in presenza di una serie di misure stabilite dal Dpcm del 26 aprile e dal Protocollo di sicurezza condiviso con i sindacati. Ecco cosa occorre sapere.
Con lunedì 4 maggio prende ufficialmente il via la tanto attesa “Fase 2” dell’emergenza Coronavirus, periodo in cui le norme di contenimento si allenteranno per consentire la ripresa di alcune attività industriali e commerciali e i primi spostamenti.
La permanenza di casi di contagio non permette però di abbassare la guardia e richiederà da parte di tutti i cittadini, e in particolare degli imprenditori, un atteggiamento di responsabilità.
Ai singoli e alle aziende viene innanzitutto chiesta l’applicazione delle misure contenute nel Dpcm 26 aprile 2020 (GU Serie Generale n.108 del 27-04-2020), che resteranno in vigore fino al 17 maggio, per essere poi aggiornate.
Fase 2: una ripartenza graduale
Il 4 maggio non sarà un “via libera” per tutti: potranno riprendere le aziende del manifatturiero, la cantieristica, le società di intermediazione immobiliare e il commercio all’ingrosso. Ma anche il tessile, l’automotive, l’industria estrattiva.
Per loro è possibile, già dal 27 aprile, iniziare gli interventi necessari per riaprire in sicurezza (sanificazioni, organizzazione degli spazi per le distanze).
Il Dpcm del 26 aprile ha infatti ampliato l’elenco dei codici Ateco contenuto nel Decreto del 10 aprile.
Ecco i codici aggiunti, come riportati da Assolombarda.
Da lunedì 27 aprile hanno invece potuto già ripartire le imprese manifatturiere la cui produzione è destinata in prevalenza all’esportazione (come moda e arredo), perché, come spiega il Decreto, il prolungamento dello stop “rischierebbe di far perdere al nostro Paese quote di mercato”.
Con loro le aziende del comparto costruzioni, ma solo con i cantieri per dissesti idrogeologici, scuole, carceri ed edilizia residenziale pubblica.
Ancora presto per il commercio al dettaglio
I negozi al dettaglio, esclusi quelli già autorizzati (generi alimentari, igiene della persona, edicole, farmacie e parafarmacie, tabaccai, librerie, negozi di vestiti per bambini), resteranno chiusi almeno fino al 18 maggio.
Idem per i ristoranti, la cui riapertura potrebbe arrivare solo all’inizio di giugno, anche se dal 4 maggio, oltre alle consegne a domicilio, già consentite, è autorizzato l’asporto.
Niente da fare invece fino a giugno per parrucchieri ed estetiste.
Obbligatorie le misure del Protocollo di Sicurezza
Le imprese che riaprono dovranno seguire tassativamente le indicazioni contenute nel Decreto e quelle previste dal Protocollo di Sicurezza condiviso con i sindacati.
Il Protocollo indirizzato alle aziende per affrontare l’emergenza Covid-19 è stato siglato una prima volta lo scorso 10 marzo, allo scopo di tutelare i lavoratori delle attività ritenute indispensabili e che, quindi, non hanno potuto chiudere.
Ora è stato integrato con le misure che dovranno essere applicate dalle aziende che riaprono nella Fase 2.
La premessa fondamentale è che il mancato rispetto del Protocollo causerà una nuova chiusura dell’azienda.
Le disposizioni per proteggere chi non può lavorare in smart working
Il Protocollo innanzitutto invita le aziende a mantenere o introdurre lo smart working per tutte le mansioni che lo consentano.
Dove invece è necessaria la presenza fisica di dipendenti, il datore di lavoro dovrà garantire una serie di misure di sicurezza.
- I dispositivi di protezione (mascherine chirurgiche) dovranno essere utilizzati in tutte le situazioni di condivisione di spazi comuni. Quando non potrà essere rispettata la distanza di un metro, dovranno essere indossati anche guanti, occhiali e tute.
- Locali e strumenti (tastiere, mouse, macchinari) dovranno essere puliti quotidianamente e sanificati periodicamente.
Per le spese relative alle sanificazioni sono previsti, dal Decreto Cura Italia e dal Decreto Liquidità, dei crediti d’imposta, che sono in attesa dei relativi decreti attuativi. Si parla comunque di un credito fiscale del 50% della spesa sostenuta fino a un massimo di 20.000 euro.
- Gli spazi e gli spostamenti all’interno dell’azienda dovranno essere organizzati in modo da rispettare la distanza di un metro e da evitare il formarsi di gruppi di persone. A tal fine dovranno essere previsti orari scaglionati per l’ingresso e l’uscita e per l’utilizzo delle mense.
- Dovrà essere eseguito il lavaggio frequente delle mani. L’azienda dovrà quindi mettere a disposizione quantità abbondanti di detergente. Il suggerimento è di produrre in proprio il liquido detergente seguendo le indicazioni dell’Oms.
- Non sono consentite le riunioni in presenza. Se inevitabili, dovranno svolgersi in ambienti spaziosi, aerati, con le adeguate distanze tra i partecipanti.
- Il datore di lavoro è responsabile anche del rispetto delle regole da parte di imprese terze che accedano ai locali dell’impresa.
I dipendenti potranno essere sottoposti al controllo della temperatura. Se questa dovesse superare i 37,5° non potranno entrare in ditta e dovranno contattare il proprio medico curante.
Il protocollo norma anche le modalità di accesso dei fornitori e invita a evitare l’ingresso di visitatori.
Tutte le norme comportamentali dovranno essere comunicate ai lavoratori e rese pubbliche, all’interno dell’azienda, anche tramite cartellonistica.
Come scegliere i dispositivi di protezione individuale (Dpi)
Prima di procedere all’acquisto di mascherine e visiere, è consigliabile consultare il sito dell’Inail, che ha pubblicato l’elenco dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) – mascherine, occhiali, visiere, semimaschere, indumenti di protezione, guanti e calzari – approvati dallo stesso Istituto, oltre a dettagliati documenti per la prevenzione e il contenimento del contagio sui luoghi di lavoro.
L’infezione da Covid-19 riconosciuta come infortunio sul lavoro
Con la Circolare n. 13 del 2020 l’Inail, rispondendo a una lettere inviata da Cgil, Cisl e Uil il 27 marzo, ha chiarito che, per l’aspetto assicurativo, le infezioni da Covid-19 vengono considerate infortuni sul lavoro.
L’infortunio “non è necessario che sia avvenuto nell’espletamento delle mansioni tipiche disimpegnate dal lavoratore, essendo sufficiente, a tal fine, anche che lo stesso sia avvenuto durante lo svolgimento di attività strumentali o accessorie” in “occasione di lavoro”, comprendendo in tale accezione, come spiegano i sindacati, tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività produttiva si svolge.
Per il riconoscimento dell’infortunio, vige il principio della presunzione semplice di origine professionale per tutte quelle attività che comportano il costante contatto con il pubblico (operatori sanitari, ma anche chi lavora agli sportelli o svolge attività di cassa…).
Il nostro supporto agli imprenditori in prima linea
La Fase 2 si presenta molto delicata e complessa.
Perché il Paese la possa attraversare senza dover ricorrere a nuovi lockdown (che restano comunque pronti a scattare al primo allarme), occorre un importante sforzo collettivo, che vede gli imprenditori in prima linea.
A loro il nostro studio vuole offrire ogni supporto sia per interpretare e attuare minuziosamente i protocolli di legge sia per riuscire a fruire delle agevolazioni fiscali in corso di definizione.
Nelle loro mani è la sicurezza dei lavoratori e il futuro economico del Paese.

Dottore Commercialista